Un dodici soldi in prova
Un dodici soldi in prova
La moneta protagonista dell’approfondimento di oggi è
una non moneta; provo a spiegarmi meglio.
Il conio impresso su questa lamina in rame è quello di un dodici (XII)
soldi, coniato durante il dogato di Bertuccio Valier, in carica dal 1656 al
1658. Non è stato il primo doge a coniare questo nominale, che fu invece
introdotto da Francesco Erizzo, famoso proprio per la grandissima varietà di
tipologie coniate.
Introduzione e approfondimento storico
Cominciamo col confronto con la moneta originale:
La moneta è in argento, pesa 4 grammi circa e misura
26 millimetri di diametro. Crea di fatto una sorta di serie numismatica,
considerando i nominali inferiori da otto (VIII) e quattro (IIII) soldi del
tutto simili tranne che per il valore all’esergo. Se si considerano quelli
coniati da Bertuccio Valier quello considerato più raro è il pezzo da quattro
soldi.
Considerando che 20 soldi equivalevano ad una lira, i
seguenti nominali avevano un valore di acquisto pari a 60/100 di lira, 40/100
di lira e 20/100 di lira. Risultavano quindi fondamentali negli acquisti di piccola/medie entità da svolgere nel quotidiano.
Questa serie fu coniata, come detto precedentemente,
a partire dal doge Francesco Erizzo (1631-1646), subirà una pausa a partire dal doge
Francesco Molin (1646-1655) ed interrotta con l’avvento proprio di Bertuccio
Valier (1656-1658), sarà poi coniato dai successivi due dogi, cioè Giovanni
Pesaro (1658-1659) e Domenico II Contarini (1659-1675) per poi cessarne la
produzione.
Proprio la coniazione durante il dogato di Bertuccio Valier merita di essere approfondita. Nel giro di 7 mesi, dal 4 luglio 1657 al 19 gennaio del 1658 furono deliberati vari provvedimenti dal Senato che mirarono a rinfoltire il circolante falcidiato dai soliti problemi: monete tosate per ricavarne argento e larga presenza di moneta estera povera di metallo nobile. A partire dalla prima data specificata, furono creati dei banchetti atti a ritirare le monete danneggiate e fornirne di nuove. Col materiale ritirato si provvide a coniare fino alla somma di venticinquemila ducati, monete dal valore di quattro, otto e dodici soldi contenenti argento pari a quello presente nelle monete coniate a partire dall'11 dicembre 1643; vale a dire durante il dogato di Francesco Erizzo, vero iniziatore della coniazione di questi nominali. L'11 agosto fu deliberato che un ammontare pari a quello precedente, venticinquemila ducati, di monete da quattro, otto e dodici soldi fosse coniato e fornito alle Camere di Terraferma, in particolare Verona il 23 agosto ne richiese cinquecento ducati con grande urgenza.
Analisi e confronto
A questo punto procediamo col confronto sistematico dei pezzi
andando ad evidenziare tutti i dettagli che potrebbero aiutarci nell'identificazione.
La moneta autentica presenta le seguenti legende:
- - Al dritto •BERTVC VALERIO•D•, in esergo *B V* sigle del massaro Benardino Vizzamano
-
- Al rovescio •SANCT•MARC•VEN• in esergo
*IIII*
Le legende sembrano quindi del tutto somiglianti,
perfino l’esergo del dritto che è parzialmente stato asportato permette di
costatare con buona probabilità la presenza delle iniziali del massaro
corrette. Lo stesso stile dei caratteri non risulta particolarmente
banalizzato. Una legenda errata o con uno stile goffo e semplificato avrebbe potuto far propendere per il falso d’epoca. Queste considerazioni
escluderebbero le ipotesi di un falso d’epoca e di una prova effettuata da un
falsario.
È anche evidente che la moneta è coniata su una lamina di forma non adatta, in rame. Il materiale è quindi differente da quello normalmente utilizzato per la moneta autentica, e cioè lega con bassa percentuale d'argento (circa 500 carati di fino). Qualora avesse dovuto svolgere il ruolo di falso coevo, si sarebbe
dovuto intervenire con un’argentatura, per illudere almeno inizialmente i
malcapitati che ne fossero entrati in possesso.
Se invece si prende in esame la possibilità di una prova di conio effettuata in zecca, sorgerebbe un dubbio relativo proprio al supporto su cui si è deciso di coniare: la lamina di rame. Tutte le prove di conio ufficiali, prodotte dalla zecca quando c'era bisogno di decidere il giusto stile da donare alle nuove monete, dovevano essere effettuate su dei veri e propri tondelli da presentare al Senato. La moneta in questione, non rientra nemmeno nei nominali non ancora presenti nella monetazione e quindi da aggiungere tramite dei test di prova. In tutti i casi, si sceglievano di norma materiali morbidi quali la cera o la creta per testare la preparazione dei coni. A lungo andare, i vari tentativi avrebbero inutilmente rovinato i rilievi del conio qualora si fosse deciso l'utilizzo di una lamina di rame. In conclusione, viste le valutazioni precedenti, è molto probabile che il pezzo in questione non sia una prova di conio, almeno non nella sua accezione tecnica.
Analizziamo quindi alcuni dettagli presenti sulla lamina. Nella parte superiore del Dritto della moneta è presente una zigrinatura, probabilmente già presente sulla lamina prima della coniazione.
Se si zooma ancora l’immagine nell’angolo superiore a destra del Dritto, è possibile notare dei cerchi concentrici. Questi ultimi potrebbero far pensare ad ulteriori coniazioni effettuati sulla lamina o ad altre lavorazioni di entità differente, rendendo evidente l'inadeguatezza del supporto scelto.
Tutti questi elementi mi portano a pensare che il pezzo sia frutto di un test non ufficiale, effettuato tramite un conio probabilmente preparato in zecca ma scartato per varie ragioni, in un periodo non ben determinabile.
Provenienza delle foto utilizzate:
Per approfondire:
Papadopoli aldobrandini, Le monete di Venezia descritte ed illustrate da Niccolò Papadopoli Aldobrandini-Parte 3, Tipografia Emiliana, Venezia 1919.
Montenegro eupremio, I dogi e le loro monete, Novara 2012.
Zub Artur, Luciani Luca, Le monete di Venezia, 2010.
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