La comparsa del leone marciano nella monetazione veneziana
La comparsa del
leone marciano nella
monetazione
veneziana
Origine del culto di San Marco e
legame col leone
Il leone veneziano è
associato alla celeberrima figura di San Marco, autore di uno dei
quattro vangeli. La figura di San Marco è così fortemente legata a Venezia, da
oscurare il fatto che precedentemente era un altro il santo venerato dai
veneziani, cioè San Teodoro.
Il culto di San
Teodoro, soldato e veneratissimo martire dell’oriente romano, è cominciato a
Venezia intorno al VI secolo e si è mantenuto forte fino all’arrivo, nell’828,
delle spoglie di San Marco a Venezia. Anche se inizialmente i culti
continuarono senza ostacolarsi, il ratto delle spoglie di San Marco creò il
bisogno di edificare una chiesa per ospitarle. Si scelse di far sorgere la
basilica, dedicata al nuovo santo, proprio dove si trovava la chiesa di San
Teodoro.
Ma perché i due commercianti
veneziani corsero il rischio di trafugare le spoglie del Santo? Secondo la
tradizione, San Marco naufragò nella laguna veneta mentre era intento nella sua
opera di evangelizzazione; a venirgli in contro fu un angelo dalle sembianze di
un leone alato che gli riferì le seguenti parole “Pax tibi marce evangelista
meus, hic requiescet corpus tuum – Pace a te oh marco, mio evangelista, qui
il tuo corpo riposerà”. In questo racconto si possono trovare le motivazioni
del furto compiuto ad Alessandria. Di seguito una sezione del dipinto
“Trafugamento delle spoglie di San Marco” di Tintoretto realizzato tra il 1562
e il 1566 (Foto B).
Oltre che nel
racconto della tradizione appena citato; è lo stesso evangelista a far
presenziare San Giovanni Battista nel suo vangelo, tipicamente raffigurato con
una pelliccia di leone sulle spalle, e narrando che la sua voce si spandeva nel
deserto come un ruggito a presagire la venuta di Cristo. Inoltre, San Girolamo,
nel IV secolo riprendendo le profezie bibliche di Ezechiele collega la figura
del leone alato a Marco.
Introduzione del leone
nella monetazione veneziana
Come è ovvio che sia
il leone marciano impiegò del tempo a penetrare nell’immaginario collettivo e
ancora di più a innalzarsi a simbolo della Repubblica veneziana, tanto da
rappresentarla nella sua monetazione. Prendendo di riferimento la data
dell’arrivo delle spoglie del santo (828) bisogna aspettare addirittura cinque
secoli prima di poter ammirare il primo leone su una moneta veneziana. Fino a
quel momento a Venezia vennero coniati vari tipi di monete, tra cui:
·
il denaro con al dritto nome dell’imperatore del sacro romano
impero e al rovescio il nome della città veneta (Foto C)
·
il denaro con croce al dritto e templio al rovescio (Foto D)
·
il denaro con croce al dritto e prima raffigurazione a mezzo
busto di San Marco (Foto E)
- il denaro scodellato con croce patente su dritto e rovescio, coniato per la prima volta dal doge Sebastiano Ziani al potere tra il 1172 e il 1178 (Foto F)
- il bianco scodellato con croce accantonata da 4 cunei al dritto e al rovescio busto frontale di San Marco, coniato per la prima volta da Orio Malipiero al potere dal 1178 al 1192 (Foto G)
- il quartarolo con le lettere V N C E disposte a croce al dritto e al rovescio croce accantonata da 4 gigli, coniato per la prima volta da Enrico Dandolo al potere dal 1192 al 1205 (Foto H)
- il grosso veneziano con al dritto S. Marco e il doge che reggono il vessillo e al rovescio il redentore seduto in trono, coniato anch’esso per la prima volta durante il dogato di Enrico Dandolo (Foto I)
- il doppio quartarolo con dritto e rovescio dello stesso tipo del quartarolo ma ovviamente di peso e diametro maggiore, coniato in ritardo rispetto al gruppo formato dalle precedenti quattro monete, questa tipologia vide la luce soltanto dal dogato di Lorenzo Tiepolo in poi, che fu al potere dal 1268 al 1275 (Foto L)
- il ducato, prima moneta d’oro della monetazione dogale, con al dritto S. Marco stante che porge il vessillo al doge inginocchiato e al rovescio il redentore stante in mandorla stellata; coniato a partire dal 31 ottobre del 1284 durante il dogato di Giovanni Dandolo (Foto M)
La monetazione veneziana aveva così trovato una sua
completezza, fornendo finalmente oltre che monete in argento e mistura anche
una buona moneta d’oro. Questa situazione di relativo equilibrio fu rotta da
una circostanza poco limitabile che avvenne nei primi decenni del XIV secolo;
vale a dire l’arrivo in gran quantità di oro proveniente dall’Africa e dall’est
Europa. L’evento creò una sproporzione nel rapporto di valore tra oro e
argento, facendo notevolmente abbassare il valore del primo e alzare quello del
secondo. La conseguenza più rapida fu che il valore intrinseco dell’argento
presente nel grosso superò quello che la moneta possedeva a livello
commerciale. Le persone cominciarono a non spendere più i grossi e al contrario
nei commerci tutti volevano impossessarsene, per trarre guadagno dalla
momentanea fluttuazione del rapporto trai metalli nobili. Fu così che durante
il dogato di Francesco Dandolo (1329-1339), vennero introdotte due nuove
tipologie monetarie:
- il mezzanino o mezzo grosso con al
dritto il doge stante a sinistra col vessillo e al rovescio il busto di S.
Marco frontale. (Foto N)
- il soldino con il doge ugualmente stante a sinistra col vessillo e al rovescio il primo leone ad occupare l’intera iconografia di una moneta veneziana, un leone rampante a sinistra col vessillo (Foto O)
Le seguenti monete in quel periodo furono coniate con
molta più voglia del grosso, poiché nonostante il loro peso fosse in
proporzione eccedente, contenevano una troppo bassa percentuale d’argento nella
lega. La povera presenza di argento nelle monete in questione è stata
confermata da una saggiatura fatta effettuare dal conte Papadopoli
Aldobrandini; il riscontro fu di 780 millesimi di argento puro nel mezzanino e
di 670 millesimi per il soldino.
Possibili
influenze
sulla
scelta iconografica
Sono occorsi quindi, cinque secoli per
assistere alla prima occorrenza di un leone nella monetazione veneziana. Dopo
averne indagato il motivo della presenza, e aver registrato la prima, bisogna
soffermarsi sulla scelta iconografica.
Nella scelta dell’animale deve avere ovviamente
contribuito la latenza della figura di San Marco. Già da tempo il leone veniva
utilizzato come soggetto in mosaici, sculture e basso rilievi, eccone alcuni
datati tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIV: il mosaico nella cupola
dell’Emanuele nella Basilica di S. Marco (Foto P). Il leone conservato al Museo
Correr, proveniente dal campanile di S. Aponal (Foto Q) e il leone presente in
Rio de S. Marcuola (Foto R).
L’elemento comune a tutte queste rappresentazioni?
Sono tutti leoni “in moeca”! Il termine nel dialetto veneziano indica il
granchio, che durante il periodo della muta assume una posizione simile quella
dei leoni in foto. I leoni in questa posa sono rappresentati ritti sulle zampe
anteriori, con la testa di fronte e nascenti dalle acque. Il significato
politico è chiaro, Venezia è stata una città sempre fortemente legata al mare,
dal mare trae forza e potere, motivo per il quale farla metaforicamente sorgere
dalle acque ha una rilevanza notevole.
Appurato che già da circa un secolo e mezzo il leone
era utilizzato in quanto simbolo rappresentante di Venezia, come mai allora
nella prima trasposizione in moneta si decise di non utilizzare il leone “in
moeca”, molto diffuso all’epoca, ma quello in posa rampante?
Ci viene in soccorso una delle discipline che vede nel
Medioevo la sua prima importante fioritura di testimonianze: l’araldica,
scienza che si occupa dello studio degli stemmi nobiliari, traendone
informazioni riguardo l’intera storia della famiglia. Il leone con un’altissima
frequenza di utilizzo, confrontabile solo con quella dell’aquila, domina in
lungo e in largo durante la storia stemmatica, soprattutto nel Medioevo.
La produzione di stemmi ritraenti il leone in posa
rampante si amplifica tra il XII e il XIV secolo, questo deve aver creato una
sorta di popolarizzazione dell’iconografia del leone rampante. Se le famiglie
cominciavano ad essere riconosciute grazie agli stemmi, l’utilizzo del leone in
posa rampante anche sulle monete deve essere stata una naturale conseguenza. In
realtà le prove a sostegno di questa tesi sono evidenti e copiose. Di seguito
sono elencate una serie di occorrenze rilevate nell’intera monetazione europea,
a cavallo tra XIII e XIV secolo, di monete di misura e valore simili a quella
del soldino veneziano.
Alberto II d’Asburgo
detto il saggio, fa coniare nella contea di Gorizia (all’epoca
Gorz) tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo un denaro con peso di
circa un grammo, ritraente al dritto un leone rampante (+Albertus⁕Comes) e al rovescio un fiore (⁕Delvon≈e⁕goricie). Il leone appare
ugualmente in posa rampante nello stemma nobiliare (Foto S).
All’inseguimento del leone rampante
Il leone rampante apparso sul soldino veneziano appare
così quasi l’esito di un processo inevitabile. Un processo che origina dall’adozione
di San Marco come patrono della città, che vede man mano aumentare la popolarità
iconografica del leone nel medioevo grazie alla diffusa presenza nell’araldica,
che passa per la forte necessità di creare una nuova moneta che allo stesso
tempo: venga in aiuto dello stato e che renda fortemente riconoscibile una
potenza politica che faceva del commercio, e quindi del confronto con lo straniero,
la sua più grande forza.
Due elementi hanno il compito di rendere riconoscibile il leone marciano: l’aureola e il fatto che il leone è portatore del vessillo (Foto B-1). Il leone è nimbato, cioè dotato di aureola, questo lo ricollega immediatamente a San Marco. Non si rimane sorpresi, dopo aver fatto esperienza del compito a cui è relegato il leone sul grosso del senato romano, nel notare che in questo caso il leone non simboleggiava il vessillo ma si faceva portatore di quest’ultimo. In quel momento storico il leone veneziano era evidentemente visto non ancora, univocamente, quale simbolo di Venezia. La teoria è perorata anche dalla legenda utilizzata su un’altra monetina usata largamente nelle colonie veneziane, il tornesello. Al rovescio infatti in corrispondenza del leone in moeca o in soldo, la legenda recita: +Vexilifer׃Venecia4 (Foto C-1).
C’è anche da dire che nel soldino, sia il Doge
rappresentato al dritto che il leone al rovescio sorreggono il vessillo; questo
potrebbe avere un certo valore simbolico, rappresentando l’unione di intenti
della componente politica e di quella religiosa nel portare in alto il nome
della città veneta.
Il dogato di Andrea Dandolo segnò un momento
importante della storia del soldino. Fra il 1343 e il 1354 venne continuata in
un primo periodo la coniazione del soldino, che verrà in un secondo momento
rimpiazzato da un nuovo soldino, di II tipo. Le differenze dei due esemplari
sono rintracciabili nelle misure ponderali e nella purezza dell’argento nella
lega: il diametro calò da 17 a 15 millimetri, il peso da 0.95 a 0,55 grammi, in
compenso però la percentuale di argento nella lega salì da 670/1000 a 965/1000.
Fu anche introdotta l’iniziale del massaro avanti al leone marciano (Foto D-1).
Il successo che il soldino, unitamente al tornesello, ebbero nelle colonie
balcaniche e orientali ha indotto la popolazione di questi territori a produrre
varie contraffazioni del soldino. Di seguito è visionabile un esemplare
appartenente a una collezione privata, il tondello risulta ad altissima
percentuale di rame e la legenda sconnessa e priva di significato. (Foto E-1).

Il soldino sarà coniato fino al doge Andrea Contarini, in carica dal 1368 al 1382. A qual punto sarà introdotta una nuova tipologia di soldino col leone in moeca.
Per seguire ancora la storia del leone rampante bisogna spostarsi dal nominale che lo ha introdotto, l’argomento sarà trattato in un futuro approfondimento, grazie ai gentili lettori.
Foto delle monete relative alle seguenti aste o siti internet:
Foto C =
Denaro, Ludovico I, NAC 2019, Lotto 378, asta 118.
Foto D =
Denaro, Berengario I, Aurora 2017, lotto 292, asta 10.
Foto E = Denaro,
Enrico V, Ranieri 2010, Lotto 565, Asta 2.
Foto F =
Denaro Scodellato, Orio Malipiero, Ranieri 2012, Lotto 1237, Asta 4.
Foto G =
Bianco Scodellato, Jacopo Tiepolo, Ranieri 2012, Lotto 1242, Asta4.
Foto H =
Quartarolo, Pietro Ziani, NAC 2018, lotto 17, asta 108.
Foto I = Grosso,
Jacopo Tiepolo, Artemide 2019, lotto 618, Asta 51.
Foto L = Doppio
Quartarolo, Giovanni Dandolo, Ranieri 2012, lotto 1257, Asta 4.
Foto M = Ducato,
Pietro Gradenigo, NAC 2020, lotto 646, Asta 122.
Foto N =
Mezzanino, Francesco Dandolo, Ma-shop, Daniel Zufahl Numismatic.
Foto O =
Soldino, Francesco Dandolo, Oldcoinshop.com.
Foto da S
a A-1 = Numista.
Foto B-1 =
Soldino, Bartolomeo Gradenigo, NAC 2018, lotto 118, asta 108.
Foto C-1 = Tornesello Lorenzo Celsi Savoca 2020
Foto P = Centro internazionale di documentazione sul mosaico: http://www.mosaicocidm.it/Mosaico/Cidm.action
Bibliografia
Papadopoli Nicolo’,
Le monete di Venezia, Ferdinando Ongania editore, Venezia 1893.
Montenegro eupremio, I
dogi e le loro monete, Novara 2012.
Zub Artur, Luciani Luca,
Le monete di Venezia, 2010.
Rizzi Alberto, I
leoni di San Marco, Cierre edizioni, 2012.
Sissia Adolfo, Giarante
Alessandro, Il denaro provisino romano e le fasi
iniziali della zecca senatoriale medievale di Roma in
Panorama Numismatico n° 281-282, 2013.
Binaschi Luciano, Il
leone di Venezia,
Numismatica Mente, 2014: https://numismaticamente.it/collezionismo-numismatico/il-leone-di-venezia-storia-di-un-simbolo
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