La comparsa del leone marciano nella monetazione veneziana

 

La comparsa del leone marciano nella
monetazione veneziana

 
Il leone rappresenta una delle iconografie più fortunate della storia umana. Il suo rappresentare la forza, il coraggio ma soprattutto la regalità ne hanno fatto un simbolo universale. Il valore di questo animale era riconosciuto già nel VII secolo a.C., quando venne emessa una delle prime monete della storia dell’uomo. Durante il regno di Aliatte II (635-585 a.C.), re della Lidia, fu introdotta la moneta da 1/3 di statere in elettro (lega metallica formata in gran parte dall’oro ma in percentuale mai inferiore al 20% dall’argento) con la testa del leone e il sole radiato a dominare l’intero tondello (Foto A).

Nel corso del tempo il leone è stato poi raffigurato sulle monete in molteplici atteggiamenti: stante sul posto, andante verso sinistra o destra, ritraendone solo la testa come nel caso della moneta in elettro, oppure utilizzandolo come portatore del vessillo di una città. In questo approfondimento si tratterà, come da titolo, della presenza del leone in posa “rampante” nella monetazione veneziana. Proveremo poi a porci delle domande: cosa lega Venezia al leone? E soprattutto, quando e come è stato rappresentato la prima volta nella monetazione?

Origine del culto di San Marco e
legame col leone

Il leone veneziano è associato alla celeberrima figura di San Marco, autore di uno dei quattro vangeli. La figura di San Marco è così fortemente legata a Venezia, da oscurare il fatto che precedentemente era un altro il santo venerato dai veneziani, cioè San Teodoro.

Il culto di San Teodoro, soldato e veneratissimo martire dell’oriente romano, è cominciato a Venezia intorno al VI secolo e si è mantenuto forte fino all’arrivo, nell’828, delle spoglie di San Marco a Venezia. Anche se inizialmente i culti continuarono senza ostacolarsi, il ratto delle spoglie di San Marco creò il bisogno di edificare una chiesa per ospitarle. Si scelse di far sorgere la basilica, dedicata al nuovo santo, proprio dove si trovava la chiesa di San Teodoro.

Ma perché i due commercianti veneziani corsero il rischio di trafugare le spoglie del Santo? Secondo la tradizione, San Marco naufragò nella laguna veneta mentre era intento nella sua opera di evangelizzazione; a venirgli in contro fu un angelo dalle sembianze di un leone alato che gli riferì le seguenti parole “Pax tibi marce evangelista meus, hic requiescet corpus tuum – Pace a te oh marco, mio evangelista, qui il tuo corpo riposerà”. In questo racconto si possono trovare le motivazioni del furto compiuto ad Alessandria. Di seguito una sezione del dipinto “Trafugamento delle spoglie di San Marco” di Tintoretto realizzato tra il 1562 e il 1566 (Foto B).

Oltre che nel racconto della tradizione appena citato; è lo stesso evangelista a far presenziare San Giovanni Battista nel suo vangelo, tipicamente raffigurato con una pelliccia di leone sulle spalle, e narrando che la sua voce si spandeva nel deserto come un ruggito a presagire la venuta di Cristo. Inoltre, San Girolamo, nel IV secolo riprendendo le profezie bibliche di Ezechiele collega la figura del leone alato a Marco.

Introduzione del leone
nella monetazione veneziana

Come è ovvio che sia il leone marciano impiegò del tempo a penetrare nell’immaginario collettivo e ancora di più a innalzarsi a simbolo della Repubblica veneziana, tanto da rappresentarla nella sua monetazione. Prendendo di riferimento la data dell’arrivo delle spoglie del santo (828) bisogna aspettare addirittura cinque secoli prima di poter ammirare il primo leone su una moneta veneziana. Fino a quel momento a Venezia vennero coniati vari tipi di monete, tra cui:

·         il denaro con al dritto nome dell’imperatore del sacro romano impero e al rovescio il nome della città veneta (Foto C)

·         il denaro con croce al dritto e templio al rovescio (Foto D)

·         il denaro con croce al dritto e prima raffigurazione a mezzo busto di San Marco (Foto E)

     

 
Con il doge Vitale Michiel II fu inaugurata la fase della monetazione veneziana definita dogale. L’evoluzione dell’economia e la maggiore stratificazione che la società andava assumendo generarono una sempre maggior richiesta di flessibilità nei pagamenti. Fu così che vennero introdotte in un lasso di tempo che va dal 1170 al 1284 nuove tipologie monetali riportate di seguito in ordine di apparizione:

  •   il denaro scodellato con croce patente su dritto e rovescio, coniato per la prima volta dal doge Sebastiano Ziani al potere tra il 1172 e il 1178 (Foto F)
  • il bianco scodellato con croce accantonata da 4 cunei al dritto e al rovescio busto frontale di San Marco, coniato per la prima volta da Orio Malipiero al potere dal 1178 al 1192 (Foto G)
  •  il quartarolo con le lettere V N C E disposte a croce al dritto e al rovescio croce accantonata da 4 gigli, coniato per la prima volta da Enrico Dandolo al potere dal 1192 al 1205 (Foto H)
  •   il grosso veneziano con al dritto S. Marco e il doge che reggono il vessillo e al rovescio il redentore seduto in trono, coniato anch’esso per la prima volta durante il dogato di Enrico Dandolo (Foto I)
  •  il doppio quartarolo con dritto e rovescio dello stesso tipo del quartarolo ma ovviamente di peso e diametro maggiore, coniato in ritardo rispetto al gruppo formato dalle precedenti quattro monete, questa tipologia vide la luce soltanto dal dogato di Lorenzo Tiepolo in poi, che fu al potere dal 1268 al 1275 (Foto L)
  •    il ducato, prima moneta d’oro della monetazione dogale, con al dritto S. Marco stante che porge il vessillo al doge inginocchiato e al rovescio il redentore stante in mandorla stellata; coniato a partire dal 31 ottobre del 1284 durante il dogato di Giovanni Dandolo (Foto M)

                           





La monetazione veneziana aveva così trovato una sua completezza, fornendo finalmente oltre che monete in argento e mistura anche una buona moneta d’oro. Questa situazione di relativo equilibrio fu rotta da una circostanza poco limitabile che avvenne nei primi decenni del XIV secolo; vale a dire l’arrivo in gran quantità di oro proveniente dall’Africa e dall’est Europa. L’evento creò una sproporzione nel rapporto di valore tra oro e argento, facendo notevolmente abbassare il valore del primo e alzare quello del secondo. La conseguenza più rapida fu che il valore intrinseco dell’argento presente nel grosso superò quello che la moneta possedeva a livello commerciale. Le persone cominciarono a non spendere più i grossi e al contrario nei commerci tutti volevano impossessarsene, per trarre guadagno dalla momentanea fluttuazione del rapporto trai metalli nobili. Fu così che durante il dogato di Francesco Dandolo (1329-1339), vennero introdotte due nuove tipologie monetarie: 

  •  il mezzanino o mezzo grosso con al dritto il doge stante a sinistra col vessillo e al rovescio il busto di S. Marco frontale. (Foto N)
  •  il soldino con il doge ugualmente stante a sinistra col vessillo e al rovescio il primo leone ad occupare l’intera iconografia di una moneta veneziana, un leone rampante a sinistra col vessillo (Foto O)

Le seguenti monete in quel periodo furono coniate con molta più voglia del grosso, poiché nonostante il loro peso fosse in proporzione eccedente, contenevano una troppo bassa percentuale d’argento nella lega. La povera presenza di argento nelle monete in questione è stata confermata da una saggiatura fatta effettuare dal conte Papadopoli Aldobrandini; il riscontro fu di 780 millesimi di argento puro nel mezzanino e di 670 millesimi per il soldino.





Possibili influenze
sulla scelta iconografica

Sono occorsi quindi, cinque secoli per assistere alla prima occorrenza di un leone nella monetazione veneziana. Dopo averne indagato il motivo della presenza, e aver registrato la prima, bisogna soffermarsi sulla scelta iconografica.

Nella scelta dell’animale deve avere ovviamente contribuito la latenza della figura di San Marco. Già da tempo il leone veniva utilizzato come soggetto in mosaici, sculture e basso rilievi, eccone alcuni datati tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIV: il mosaico nella cupola dell’Emanuele nella Basilica di S. Marco (Foto P). Il leone conservato al Museo Correr, proveniente dal campanile di S. Aponal (Foto Q) e il leone presente in Rio de S. Marcuola (Foto R).










L’elemento comune a tutte queste rappresentazioni? Sono tutti leoni “in moeca”! Il termine nel dialetto veneziano indica il granchio, che durante il periodo della muta assume una posizione simile quella dei leoni in foto. I leoni in questa posa sono rappresentati ritti sulle zampe anteriori, con la testa di fronte e nascenti dalle acque. Il significato politico è chiaro, Venezia è stata una città sempre fortemente legata al mare, dal mare trae forza e potere, motivo per il quale farla metaforicamente sorgere dalle acque ha una rilevanza notevole.  

Appurato che già da circa un secolo e mezzo il leone era utilizzato in quanto simbolo rappresentante di Venezia, come mai allora nella prima trasposizione in moneta si decise di non utilizzare il leone “in moeca”, molto diffuso all’epoca, ma quello in posa rampante?

Ci viene in soccorso una delle discipline che vede nel Medioevo la sua prima importante fioritura di testimonianze: l’araldica, scienza che si occupa dello studio degli stemmi nobiliari, traendone informazioni riguardo l’intera storia della famiglia. Il leone con un’altissima frequenza di utilizzo, confrontabile solo con quella dell’aquila, domina in lungo e in largo durante la storia stemmatica, soprattutto nel Medioevo.

La produzione di stemmi ritraenti il leone in posa rampante si amplifica tra il XII e il XIV secolo, questo deve aver creato una sorta di popolarizzazione dell’iconografia del leone rampante. Se le famiglie cominciavano ad essere riconosciute grazie agli stemmi, l’utilizzo del leone in posa rampante anche sulle monete deve essere stata una naturale conseguenza. In realtà le prove a sostegno di questa tesi sono evidenti e copiose. Di seguito sono elencate una serie di occorrenze rilevate nell’intera monetazione europea, a cavallo tra XIII e XIV secolo, di monete di misura e valore simili a quella del soldino veneziano.

Alberto II d’Asburgo detto il saggio, fa coniare nella contea di Gorizia (all’epoca Gorz) tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo un denaro con peso di circa un grammo, ritraente al dritto un leone rampante (+Albertus⁕Comes) e al rovescio un fiore (⁕Delvon≈e⁕goricie). Il leone appare ugualmente in posa rampante nello stemma nobiliare (Foto S).


Luigi I di Nevers, fece coniare nel territorio delle Fiandre una interessante serie di monete comprendenti il Groat (simile al grosso della monetazione veneziana) con vari sottomultipli. Quello che per peso si avvicina di più al soldino di Venezia è il ¼ di Grosso col peso di circa un grammo. L’intera serie numismatica rappresenta il leone rampante al dritto (+Moneta׃Gandendis) e la croce patente al rovescio (+Ludovic׃Comes׃Flad), anche in questo caso ritroviamo il leone rampante nello stemma del duca delle Fiandre (Foto T).


Giovanni II, duca di Brabante detto il pacifico, fece coniare alla fine del XIII secolo una sterlina di peso poco superiore al grammo. Al rovescio vi è presente una croce patente che interrompe la legenda (Mon eta brv xel) e fraziona il campo in quattro parti, riempite da gruppi di tre pallottole. Al dritto presenta quattro leoni (+I׃Dux׃Brabantiє) che riempiono il campo quartato, a riprodurre esattamente lo stemma nobiliare di famiglia (Foto U).


Alfonso X di Castiglia, coniò fino alla sua morte avvenuta nel 1284, svariati esemplari di denari e multipli di denaro anche in oro. Nessuna tipologia mancava di rappresentare gli elementi principali dello stemma familiare, il castello e il leone. Nell’esemplare di Denaro in foto non viene rappresentato esattamente lo stemma, gli elementi sono divisi tra il dritto (+Moneta Castelle) e il rovescio (+׃Et Legionis׃) (Foto V).


 La posa rampante non era ovviamente l’unica riprodotta; di seguito sarà analizzato un caso di eccezionale qualità della rappresentazione del leone, ritratto questa volta in posa “passante”, avvenuto in Italia. La moneta in questione è il grosso coniato a Roma durante il periodo del senato romano (Foto Z). Coniato tra il 1252 e il 1258, periodo in cui fu senatore Brancaleone degli Andalò; al dritto ammiriamo il leone passante a sinistra (+Brancaleo•S•P•Q•R), al rovescio un’allegoria di Roma seduta in trono con globo nella mano destra e palma nella sinistra (+Roma Caput Mundi). L’acclamato senatore ghibellino di origini bolognesi ebbe il difficile compito di mantenere l’equilibrio tra i baroni romani, la borghesia e un papa sempre più schiacciato tra le richieste angioine e degli svevi. Risulta quindi interessante notare che dopo la morte di Brancaleone, Carlo d’Angiò nominato senatore romano più volte fino al 1284, continuerà a coniare il grosso rendendo il leone portatore dello stemma angioino (Foto A-1). Cambia ovviamente la legenda al dritto (+Karolvs•S•P•Q•R׃) e al rovescio (+Roma Cap Mundi).                 

       

Come dimostrato precedentemente, la presenza del leone in posa rampante è varia e documentata nella monetazione dell’intera Europa che precede la coniazione del nuovo soldino veneziano. È quindi indubbio che questo fenomeno possa essere risultato cruciale, per l’apparizione del primo leoncino marciano in quella specifica posa. L’esperienza del grosso coniato da Carlo d’Angiò è però esemplificativa di un ulteriore fenomeno: ogni potenza politica stava personalizzando il proprio leone per renderlo sempre più riconoscibile; portatore di simboli richiamanti la casa reale oppure portatore dello stemma o vessillo dell’entità politica.

All’inseguimento del leone rampante

Il leone rampante apparso sul soldino veneziano appare così quasi l’esito di un processo inevitabile. Un processo che origina dall’adozione di San Marco come patrono della città, che vede man mano aumentare la popolarità iconografica del leone nel medioevo grazie alla diffusa presenza nell’araldica, che passa per la forte necessità di creare una nuova moneta che allo stesso tempo: venga in aiuto dello stato e che renda fortemente riconoscibile una potenza politica che faceva del commercio, e quindi del confronto con lo straniero, la sua più grande forza.

Due elementi hanno il compito di rendere riconoscibile il leone marciano: l’aureola e il fatto che il leone è portatore del vessillo (Foto B-1). Il leone è nimbato, cioè dotato di aureola, questo lo ricollega immediatamente a San Marco. Non si rimane sorpresi, dopo aver fatto esperienza del compito a cui è relegato il leone sul grosso del senato romano, nel notare che in questo caso il leone non simboleggiava il vessillo ma si faceva portatore di quest’ultimo. In quel momento storico il leone veneziano era evidentemente visto non ancora, univocamente, quale simbolo di Venezia.       La teoria è perorata anche dalla legenda utilizzata su un’altra monetina usata largamente nelle colonie veneziane, il tornesello. Al rovescio infatti in corrispondenza del leone in moeca o in soldo, la legenda recita: +Vexilifer׃Venecia4 (Foto C-1).

  

C’è anche da dire che nel soldino, sia il Doge rappresentato al dritto che il leone al rovescio sorreggono il vessillo; questo potrebbe avere un certo valore simbolico, rappresentando l’unione di intenti della componente politica e di quella religiosa nel portare in alto il nome della città veneta.

Il dogato di Andrea Dandolo segnò un momento importante della storia del soldino. Fra il 1343 e il 1354 venne continuata in un primo periodo la coniazione del soldino, che verrà in un secondo momento rimpiazzato da un nuovo soldino, di II tipo. Le differenze dei due esemplari sono rintracciabili nelle misure ponderali e nella purezza dell’argento nella lega: il diametro calò da 17 a 15 millimetri, il peso da 0.95 a 0,55 grammi, in compenso però la percentuale di argento nella lega salì da 670/1000 a 965/1000. Fu anche introdotta l’iniziale del massaro avanti al leone marciano (Foto D-1). Il successo che il soldino, unitamente al tornesello, ebbero nelle colonie balcaniche e orientali ha indotto la popolazione di questi territori a produrre varie contraffazioni del soldino. Di seguito è visionabile un esemplare appartenente a una collezione privata, il tondello risulta ad altissima percentuale di rame e la legenda sconnessa e priva di significato. (Foto E-1).


 

 Il soldino sarà coniato fino al doge Andrea Contarini, in carica dal 1368 al 1382. A qual punto sarà introdotta una nuova tipologia di soldino col leone in moeca.

Per seguire ancora la storia del leone rampante bisogna spostarsi dal nominale che lo ha introdotto, l’argomento sarà trattato in un futuro approfondimento, grazie ai gentili lettori.                                    

 

 Per approfondire:

Foto delle monete relative alle seguenti aste o siti internet:

Foto C = Denaro, Ludovico I, NAC 2019, Lotto 378, asta 118.

Foto D = Denaro, Berengario I, Aurora 2017, lotto 292, asta 10.

Foto E = Denaro, Enrico V, Ranieri 2010, Lotto 565, Asta 2.

Foto F = Denaro Scodellato, Orio Malipiero, Ranieri 2012, Lotto 1237, Asta 4.

Foto G = Bianco Scodellato, Jacopo Tiepolo, Ranieri 2012, Lotto 1242, Asta4.

Foto H = Quartarolo, Pietro Ziani, NAC 2018, lotto 17, asta 108.

Foto I = Grosso, Jacopo Tiepolo, Artemide 2019, lotto 618, Asta 51.

Foto L = Doppio Quartarolo, Giovanni Dandolo, Ranieri 2012, lotto 1257, Asta 4.

Foto M = Ducato, Pietro Gradenigo, NAC 2020, lotto 646, Asta 122.

Foto N = Mezzanino, Francesco Dandolo, Ma-shop, Daniel Zufahl Numismatic.

Foto O = Soldino, Francesco Dandolo, Oldcoinshop.com.

Foto da S a A-1 = Numista.

Foto B-1 = Soldino, Bartolomeo Gradenigo, NAC 2018, lotto 118, asta 108.

Foto C-1 = Tornesello Lorenzo Celsi Savoca 2020

 Sitografia

Foto P = Centro internazionale di documentazione sul mosaico: http://www.mosaicocidm.it/Mosaico/Cidm.action

Bibliografia

Papadopoli Nicolo’, Le monete di Venezia, Ferdinando Ongania editore, Venezia 1893.

Montenegro eupremio, I dogi e le loro monete, Novara 2012.

Zub Artur, Luciani Luca, Le monete di Venezia, 2010.

Rizzi Alberto, I leoni di San Marco, Cierre edizioni, 2012.

Sissia Adolfo, Giarante Alessandro, Il denaro provisino romano e le fasi iniziali della zecca senatoriale medievale di Roma in Panorama Numismatico n° 281-282, 2013.

Binaschi Luciano, Il leone di Venezia, Numismatica Mente, 2014: https://numismaticamente.it/collezionismo-numismatico/il-leone-di-venezia-storia-di-un-simbolo

 

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